Iniziata nel 1267 e retta dall’ordine degli Agostiniani, la grande basilica di S. Giacomo Maggiore ha attraversato i secoli divenendo una delle chiese più ricche e preziose della città.
La sua storia è fortemente legata alla potente famiglia dei Bentivoglio, signori di Bologna, che avevano la loro splendida Domus a pochi passi dalla chiesa e la elessero come loro “palcoscenico” per le grandi funzioni e luogo di sepoltura.
Lo scenografico portico che affaccia su via Zamboni è solo un assaggio della ricchezza degli interni: dalla celeberrima cappella Bentivoglio allo straordinario Oratorio di Santa Cecilia.
LA CAPPELLA BENTIVOGLIO
Si mostra come un’unica coerente narrazione progettata dal grande pittore Lorenzo Costa. Suo è l’affresco della Madonna in trono con Giovanni II, la consorte Ginevra Sforza e i loro figli, suoi i due grandi Trionfi, della Morte e della Fama, e la decorazione delle lunette.
Sull’altare invece rifulge una delle opere più eleganti di Francesco Francia, la Madonna in trono e santi, mentre dall’altro lato si trova il monumento di Annibale a cavallo di ignoto autore. Appena fuori della cappella riposa invece in una monumentale tomba scolpita da Jacopo della Quercia Anton Galeazzo Bentivoglio, padre di Annibale.
LA CHIESA
San Giacomo Maggiore è un tripudio di arte e storia: l’imponente chiesa conta ben 35 cappelle e corserva ancora qualche prezioso “superstite” della gloriosa stagione tra Tre e Quattrocento come gli affreschi di Cristoforo da Bologna e le tavole di Jacopo di Paolo e Paolo Veneziano.
Ma soprattutto San Giacomo ci presenta il meglio della cultura Cinquecentesca a Bologna: Ercole Procaccini, Bartolomeo e Tiburzio Passarotti, Prospero Fontana, Lorenzo Sabbatini e Denys Calvart, la straordinaria cappella del Cardinal Poggi ideata e affrescata da Pellegrino Tibaldi.
L’ORATORIO DI SANTA CECILIA
Accanto alla chiesa incontriamo l’Oratorio di Santa Cecilia “una stupenda antologia della pittura bolognese del Quattrocento” (A.Raule). Voluta all’inizio del ‘500 da Giovanni II Bentivoglio racconta la vita e il martirio di Santa Cecilia e del suo sposo Valeriano. La decorazione è affidata ai suoi artisti di fiducia: Francesco Francia, Lorenzo Costa, la loro scuola, ma tra tutti spicca la geniale originalità di un vero outsider, una personalità assolutamente fuori dal coro, Amico Aspertini.
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